L'occlusione venosa retinica è una condizione patologica oculare
riscontrata più frequentemente nei pazienti di età superiore ai 60 anni, ipertesi, con disturbi
cardiocircolatori e diabete mellito. Tra i fattori predisponenti vanno ricordati altresì il fumo, alcune
anomalie della coagulazione, la deficienza di proteine C e S e la presenza di anticorpi
anti-fosfolipidi. Tra i fattori predisponenti oculari sono invece importanti l'aumento di pressione
intraoculare (glaucoma), l'ipermetropia, alcune malattie infiammatorie che sono causa di vasculiti
retiniche (sarcoidosi, sindrome di Behçet), e rare anomalie congenite a carico della vena centrale
della retina.
Tale patologia può colpire la vena centrale retinica globalmente o solo un ramo di essa (la cosiddetta
occlusione di branca). Vi sono notevoli affinità tra l'una e l'altra condizione dal punto di vista clinico,
ma il decorso e la prognosi hanno caratteristiche differenti.
L'occlusione venosa di branca (OBVR) colpisce in eguale misura i
due sessi ed ha maggiore incidenza tra i 60 e i 70 anni di età.
L'esordio è quasi sempre improvviso e il paziente lamenta un annebbiamento della vista più o meno marcato
che spesso si accompagna a perdita di parte del campo visivo. L'esame del fondo oculare evidenzia la presenza
di emorragie intraretiniche, più o meno diffuse in relazione alla maggiore o minore gravità dell'occlusione.
Alle emorragie si accompagna la dilatazione dei vasi sanguigni e l'edema nella parte di retina interessata
dall'occlusione.
In alcuni casi l'occlusione è solo parziale ed al momento della comparsa dei sintomi sono presenti solo
poche emorragie retiniche che aumentano in relazione alla progressiva occlusione del vaso. In caso di blocco
totale i capillari cessano di funzionare e si occludono, determinando un'ischemia da deficit di irrorazione.
Tre sono le complicanze di un'occlusione venosa di branca capaci di determinare un deficit visivo:
1. l'edema della parte retinica centrale, deputata alla visione
distinta (edema maculare)
2. l'assenza di irrorazione della regione maculare
3. le emorragie dovute alla proliferazione di vasi sanguigni anomali,
che si formano come esito dell'assenza di circolazione del distretto retinico coinvolto.
E' comunque indispensabile effettuare una fluorangiografia retinica, che ci permette di identificare
chiaramente le alterazioni retiniche presenti e ci guida in un eventuale trattamento con il laser. Ad esempio,
in caso di edema il laser è da riservarsi ai pazienti in cui la visione sia inferiore a 3/10, ed è inutile
in caso di ischemia maculare.
La proliferazione di vasi sanguigni anomali avviene in circa il 30-50% degli occhi con aree di assenza di
perfusione capillare dopo una OBVR. Tale fenomeno si manifesta in genere dopo sei-dodici mesi dall'occlusione,
ma talora anche dopo qualche anno; è una complicanza assai temibile, perché conduce di frequente ad emorragie
intraoculari, con grave danno visivo. In caso di vasoproliferazione è necessario ricorrere al trattamento
laser, il cui scopo è quello di distruggere i capillari anomali neoformati.
In ogni caso, anche se l'acuità visiva centrale è ridotta dall'edema maculare e dalle emorragie, dopo circa
sei mesi dall'esordio di una OBVR in circa il 50% degli occhi colpiti si sviluppano dei circoli collaterali
che talora consentono un visus discreto.
A tutt'oggi non esiste un trattamento medico per la OBVR. I farmaci antiaggreganti e anticoagulanti
(eparina, dicumarolo) non hanno mostrato sicura efficacia né nella prevenzione della OBVR, né utilità nella gestione delle sue complicanze e vanno pertanto prescritti solo nei casi in cui siano presenti patologie
di base che traggano utilità da tale terapia.
Con tale termine si definisce l'occlusione della vena retinica nella sua porzione terminale, a livello
del nervo ottico, ove raccoglie tutto il sangue proveniente dai capillari retinici (Fig.1).
La maggioranza dei casi di OVCR possono essere classificati, in base all'aspetto clinico e alla prognosi,
nelle forme seguenti:
- non ischemica
- ischemica
- dei giovani adulti
La forma non ischemica è di gran lunga la più comune e coinvolge circa
il 75% dei casi.
Il paziente lamenta tipicamente una perdita più o meno grave dell'acuità visiva e l'esame del fondo oculare
mostra la presenza di dilatazione e tortuosità di tutte le branche venose retiniche, di emorragie, di edema della
testa del nervo ottico, associata o meno ad edema maculare.
L'esame fluorangiografico conferma tali alterazioni, evidenziando la presenza di una buona perfusione capillare.
La prognosi è legata all'entità del danno iniziale, e si può avere un visus discreto. La causa del danno visivo è
principalmente l'edema maculare, per il quale l'utilità del trattamento medico o laser è tuttora discussa.
La forma ischemica è meno comune ed è caratterizzata da una perdita alquanto
grave dell'acuità visiva, ridotta nella maggior parte dei casi alla conta delle dita o poco più. L'esame del fondo oculare mostra, oltre alla tortuosità delle vene e alle emorragie diffuse, la presenza di marcata ischemia del nervo ottico e di emorragie localizzate specificamente a livello maculare.
La fluoroangiografia è indispensabile per evidenziare le aree ischemiche, in cui è cioè assente la perfusione capillare. La prognosi è sfavorevole se non viene effettuato un trattamento laser, la cui finalità è quella di distruggere le aree ischemiche. Se il trattamento non viene effettuato, circa
il 50% dei pazienti svilupperà entro alcuni mesi dall'episodio originale un marcato aumento della pressione
intraoculare, difficilmente controllabile con farmaci, con conseguente dolore oculare e addirittura rischio di
perdita del bulbo oculare (glaucoma neovascolare).
L'occlusione venosa del giovane adulto è una forma rara, caratterizzata da una modesta diminuzione della capacità visiva, tipicamente più evidente nelle prime ore del mattino. Colpisce prevalentemente individui al di sotto dei 40 anni e costituisce probabilmente una forma diversa da quella che colpisce i soggetti più anziani. La causa è probabilmente da ricercarsi in un'anomalia congenita della vena centrale retinica, che favorisce alterazioni del flusso vascolare, o come conseguenza di un fatto infiammatorio. La prognosi è in genere favorevole.
L'occlusione arteriosa retinica è un evento drammatico che nella
maggioranza dei casi porta alla perdita pressochè totale della capacità visiva di un occhio.
Essa determina un blocco nell'apporto di sangue alla retina dell'occhio interessato con conseguenti fenomeni ischemici
e di danno della funzione visiva.
Rappresenta un evento clinicamente rilevante sia per le gravi alterazioni visive che comporta, sia perché essa è
spesso la manifestazione oculare di una patologia sistemica, quindi è consigliabile effettuare indagini strumentali
(Ecodoppler carotideo, ecocardiogramma ecc.) ed un controllo dei parametri ematochimici per evidenziare
l'eventuale patologia sistemica responsabile dell'occlusione.
La terapia delle occlusioni arteriose deve essere instaurata molto
precocemente, entro poche ore, ed è comunque raramente efficace. Il trattamento locale è finalizzato ad ottenere
una variazione della pressione a livello della arteria centrale della retina per mobilizzare l'eventuale embolo
presente. Essa si articola in un massaggio del bulbo oculare per 1-2 minuti, paracentesi della camera anteriore,
iniezione retrobulbare di farmaci vasodilatatori ed antispastici e posizionare il paziente in maniera da ottenere
una diminuzione della pressione arteriosa. E' inoltre utile instaurare un trattamento sistemico con acetazolamide,
farmaci anticoagulanti e fibrinolitici.
L'occlusione arteriosa può interessare il tronco arterioso principale (occlusione dell'arteria centrale della retina)
sia un ramo di essa (occlusione arteriosa di branca).
E' la forma di occlusione arteriosa retinica più frequente. Gli uomini ne sono più colpiti con un'età media
d'insorgenza intorno ai 60 anni. Le cause più comuni sono rappresentate da emboli che si localizzano nell'arteria
centrale della retina conseguenti a placche occlusive, spasmi vascolari, aneurismi dissecanti e necrosi arteriolare
ipertensiva. L'occlusione dell'arteria centrale della retina (OACR) è più frequente in associazione ad altre patologie
vascolari sistemiche quali l'ipertensione arteriosa, il diabete mellito, la stenosi carotidea e le
valvulopatie cardiache.
Il paziente lamenta un'improvvisa grave riduzione monolaterale dell'acuità visiva senza alcun dolore, la pupilla
appare dilatata (midriasi), non riflettente alla illuminazione diretta, ma reagente quando si illumina l'altro
occhio (riflesso consensuale). L'esame del campo visivo non è solitamente eseguibile. All'esame del fondo oculare
si evidenzia una retina edematosa e di colorito biancastro sulla quale spicca una macchia rosso-ciliegia in
corrispondenza della parte centrale della retina: la fovea. L'entità dell'edema retinico è maggiore nei casi di
occlusione totale dell'arteria centrale della retina.
L'esame fluorangiografico si dimostra utile nella conferma della diagnosi di OACR, per stabilire il grado di
occlusione presente e si caratterizza in un ritardo più o meno marcato di riempimento dei vasi arteriosi.
La prognosi per la funzione visiva è generalmente scadente e la vista è spesso ridotta alla conta delle dita od
al movimento della mano. L'aspetto del fondo oculare varia nei giorni successivi all'occlusione, in rapporto
alla riperfusione del circolo arterioso. Si assiste normalmente ad una progressiva diminuzione dell'edema
retinico e nelle settimane successive compare spesso un atrofia ottica a settore della testa del nervo ottico ed un
restringimento dei vasi arteriosi.
Le complicanze a lungo termine quali le proliferazioni di capillari anomali retinici o papillari e l'insorgenza
di glaucoma neovascolare sono possibili ma meno frequenti che in caso di occlusioni venose.
In circa il 10% dei pazienti, la presenza di un arteria suppletiva che è l'arteria cilioretinica assicura
anche in presenza di OACR un apporto di sangue sufficiente alla fovea che è la parte di retina più importante per la
capacità visiva.
In questo caso l'acuità visiva si mantiene relativamente buona e nei soggetti più fortunati, oltre alla visione
centrale che consente di leggere e scrivere, può essere sorprendentemente conservata anche un'area periferica del
campo visivo.
E' un quadro ad insorgenza acuta con caratteristiche variabili in rapporto all'estensione ed alla
localizzazione dell'area retinica nutrita dal vaso occluso (Fig.2).
Le cause di un'occlusione arteriosa di branca sono le stesse dell'OACR. Il paziente avverte una limitazione parziale del campo visivo che solitamente è a limiti netti e più frequentemente sul meridiano orizzontale. L'acuità visiva è variabile: risulta fortemente compromessa quando la branca arteriosa
occlusa nutre la regione maculare, ben conservata se la conseguente ischemia retinica non interessa tale area.
L'esame del fondo oculare evidenzia un edema retinico a settore, localizzato nel territorio della branca occlusa.
Se vi è interessamento dell'area maculare è possibile riscontrare il tipico aspetto "rosso ciliegia"
della fovea. La fluorangiografia permette di delimitare con maggiore precisione l'area retinica ischemica ed il
grado di occlusione presente.
La prognosi di un'occlusione arteriosa di branca è solitamente migliore di quella dell'OACR: l'amputazione del campo visivo normalmente si stabilizza dopo una sua parziale regressione ed il recupero dell'acuità visiva dipende essenzialmente dall'interessamento o meno dell'area foveale. Va ricordato che in corso di occlusione arteriosa di branca il rischio d' insorgenza successiva di glaucoma neovascolare è praticamente nullo.
Attualmente 16 milioni di persone nel mondo hanno una occlusione venosa che può portare ad un calo più o meno grave
della vista. Le terapie si avvalgono principalmente di studi non recenti come il Branch vein occlusion study del 1984
ed il Central vein occlusion study del 1995. In tal senso nella occlusione venosa di branca si indica che dopo tre
mesi di osservazione in caso di vista pari a 20/40 o meno una leggera applicazione laser può dare dei buoni
risultati nel senso di stabilizzare e leggermente migliorare la vista.
Nel caso di occlusioni venose centrali è necessario dividere in due forme, la forma ischemica e non ischemica.
Nella forma ischemica è necessario effettuare un trattamento laser esteso al fine di distruggere le aree malate ed evitare proliferazioni vascolari con emorragie. Nella forma non ischemica invece è presente un edema maculare.
In tal caso il laser non migliora la prognosi visiva.
Importante è la cura dei fattori di rischio come ipertensione, diabete e glaucoma. Gli esami di laboratorio
consigliati sono: emocromo, glicemia, colesterolo e profilo lipidico, elettroforesi proteine seriche, fattori di coagulazione, fattori di resistenza alla proteina C, lupus, anticorpi anticardiolipina, proteina C, Proteina S,
antitrombina III.
Studi recenti come lo SCORE hanno studiato la terapia standard vs l’uso di cortisone o il BRAVO il Lucentis
nell’edema maculare nella occlusione di branca o il CRUISE il Lucentis nella occlusione centrale della retina.
Lo SCORE nella occlusione di branca ha rilevato un miglioramento iniziale al 4 mese, ma ad un anno il laser
dava ancora i migliori risultati.
Lo SCORE nelle occlusioni centrali rilevava migliori risultati nel gruppo trattato con triamcinolone. Sono però da
considerare l’elevato numero di complicanze ed inoltre che il triamcinolone non è consento dalle normative
vigenti in Italia.
Grandi speranze vengono fornire dall’impianto di una microcapsula nell’occhio con un cortisone chiamato desametazone.
Tale farmaco è stato appena approvato negli USA dall’FDA. I risultati sono ancora in elaborazione ma il gruppo
trattato sembra andare meglio del gruppo di controllo.
Gli Anti VEGF hanno assunto un ruolo preminente negli ultimi anni sia nella degenerazione maculare senile che
nell’edema maculare nel diabetico o nelle occlusioni venose. Questi farmaci iniettati direttamente dentro il
bulbo oculare, diminuiscono la permeabilità vascolare migliorando l’edema maculare e spesso migliorano anche la
funzione visiva.
Purtroppo il trattamento deve essere ripetuto più volte sia con Avastin che con Lucentis, l’ultimo dei quali è stato
utilizzato nello studio BRAVO e CRUISE. In questi studi circa il 60% dei trattati con Lucentis guadagnavano tre linee
o più di visus in confronto con il 29% del gruppo laser.
Tali risultati sono attualmente fermi a 6 mesi di follow up per cui è prematuro dare delle indicazioni