Gli antiangiogenetici sono i farmaci più utilizzati per via intravitreale. La somministrazione per via intravitreale consente l'impiego efficace di concentrazioni minime di antiangiogenetici con significativa riduzione dei gravi effetti collaterali sistemici tipici della somministrazione per via parenterale di questi farmaci. La somministrazione intravitreale, se condotta correttamente e nel rigoroso rispetto delle norme di asepsi, non rappresenta un fattore di rischio rilevante per gravi complicanze oculari. Anche per queste ragioni, gli antiangiogenetici in fase di studio sono pensati, prevalentemente, per somministrazione intravitreale.
L'angiogenesi rappresenta un ciclo di processi vitali che porta alla
neoformazione di vasi sanguigni anomali a partire da quelli già esistenti. Essa è una tappa di fondamentale
importanza in molti processi sia fisiologici - come la normale crescita e differenziazione di un tessuto
nell' embriogenesi e nello sviluppo fetale - sia patologici - come nella riparazione di un danno tessutale e
nel processo di guarigione cicatriziale delle ferite.
Il core della complessa biologia cellulare dell'angiogenesi è custodito nella cellula endoteliale che prolifera
e si differenzia sotto l'azione regolatoria del Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) che è il principale
induttore diretto dell'angiogenesi insieme ad altri cofattori di crescita solubili alcuni dei quali hanno effetti
biologici ancora poco chiari.
L'angiogenesi porta alla formazione di un neovaso per gemmazione da un capillare oppure da una venula post-capillare
attraverso un programma di induzione angiogenica ben codificato che avviene attraverso 4 fasi:
1. destabilizzazione dei vasi preesistenti, perdita delle connessioni tra le cellule endoteliali, aumento della
permeabilità vascolare ed edema
2. migrazione e proliferazione delle cellule endoteliali verso l'area selettiva di tessuto dove è necessaria la creazione
di una rete neovascolare anarchica; in questa fase la secrezione di enzimi proteolitici (metallo-proteasi,
serin-proteasi) degrada la matrice extracellulare e facilita l'invasione e la migrazione delle cellule endoteliali
3. differenziazione e stabilizzazione delle cellule endoteliali con arresto della proliferazione cellulare
4. maturazione di un vaso stabile con formazione del lume, dopo chemiotassi di cellule di sostegno come periciti e di
fibro-cellule muscolari lisce. Creazione di anastomosi tra capillari, rimaneggiamenti vasali (decorso, calibro,
scomparsa di capillari); la maturazione del vaso avviene tramite molecole stabilizzatrici ad effetto anti-proliferativo
come i TGF-ß1 e ß2 che portano alla deposizione di tessuto connettivale con fibrosi disorganizzata.
L'angiogenesi e l'attivazione dell'endotelio possono avvenire in condizioni fisiologiche e patologiche.
L'angiogenesi fisiologica, mediata dal VEGF, è un fenomeno naturale che
regola proliferazione, rigenerazione e fenestrazione dell'endotelio vascolare; essa avviene durante lo sviluppo
embrionale e fetale, nella vita adulta dove nelle donne è attiva durante l'ovulazione e la formazione del corpo luteo,
e nel processo di cicatrizzazione delle ferite in cui è fondamentale il ruolo sia del VEGF che del FGF-2.
L'angiogenesi patologica invece comporta la crescita incontrollata di microvasi
in differenti tessuti affetti da malattia (tumori, flogosi cronica, psoriasi, arteriosclerosi, cirrosi, vasculopatie
retiniche come la microangiopatia diabetica, la retinopatia del pretermine, le occlusioni venose retiniche ischemiche,
le degenerazioni maculari essudative).
La comunità scientifica mondiale ha unanimemente accettato il ruolo fondamentale dell'ipossia nello starting
dell'angiogenesi patologica che si verifica nelle malattie retino-vascolari associate a non perfusione capillare ed
ischemia.
Nel 1948, grazie alla geniale intuizione di Michelson, fu proposta per la prima volta la possibilità che un fattore
diffusibile rilasciato da aree retiniche ischemiche potesse essere alla base dello sviluppo di neovascolarizzazioni
intraoculari.
Quasi 50 anni dopo, la ricerca clinica di laboratorio ha condotto all'identificazione di numerosi fattori correlati
al controllo dell'angiogenesi (1,2) che è un processo multistep controllato dall'equilibrio dinamico tra
fattori endogeni positivi pro-angiogenici e fattori endogeni negativi anti-angiogenici.
La tabella 1 riassume i fattori endogeni che stimolano o inibiscono il processo dell'angiogenesi.
- VEGF
- FGF-1 e 2
- angiopoietina-1
- TGF-∂
- HGF
- CTGF
- PDGF
- TNF-∂
- IL-8
PEDF
- TGF-ß
- angiostatina
- endostatina
- TSP-1
- TIMP
I fattori pro-angiogenici includono una serie di sostanze ben studiate come: il vascular endothelial growth factor (VEGF), il fibroblat growth factor (FGF), le angiopoietine, il trasforming growth factor alpha (TGF-∂), l'hepatocyte growth factor (HGF), il connective tissue growth factor (CTGF), il platelet derived-growth factor (PDGF), il tumor necrosis factor alpha (TNF-∂), e l'interleuchina-8 (IL-8). Il VEGF-A è il principale modulatore dell'angiogenesi. I fattori anti-angiogenici includono il pigment epithelium-derived growth factor (PEDF), il trasforming growth factor beta (TGF-ß), l'angiostatina, l'endostatina, la trombospondina (TSP-1), (3,4,5). Nel momento in cui l'innesco di un processo neovascolare è sufficiente a far fronte alla domanda locale di ossigeno e micronutrienti, i fattori angiogenici si trovano in uno stato di down-regulation e la concentrazione locale di inibitori dell'angiogenesi aumenta.
Il VEGF, conosciuto anche come VEGF-A ha un ruolo fondamentale nel
controllo dell'angiogenesi fisiologica e patologica. Inizialmente fu scoperto come fattore di permeabilità vascolare,
ma studi successivi condotti soprattutto da Ferrara e coll. nei laboratori di biologia molecolare della Genentech
(CA, USA) hanno evidenziato lo stimolo angiogenico come fattore mitogeno specifico per le cellule endoteliali.
Dal punto di vista biochimico, è una proteina glicosilata dimerica a basso peso molecolare (36-46 KD). Nell'uomo sono
state isolate diverse isoforme di VEGF, rispettivamente di 121, 165, 189, e 206 amminoacidi. La specie molecolare
principale che stimola la crescita della neovascolarizzazione oculare patologica retinica e coroideale è la VEGF165
che si presenta come una glicoproteina omodimerica basica con elevata affinità per l'eparina.
Il VEGF è espresso in diversi tessuti come quello cerebrale, retinico, epatico e renale, ed è stato ritrovato anche
nell'ovaio durante la formazione del corpo luteo, nell'utero durante la crescita dell'endometrio e nella fase
proliferativa della cicatrizzazione e riparazione di una ferita.
Nella retina, studi in vitro hanno dimostrato che il VEGF può essere secreto da diverse tipi di cellule retiniche come
le cellule dell'EPR, i periciti, gli astrociti, le cellule di Muller e le cellule endoteliali.
Sono stati anche identificati 4 geni strutturalmente correlati al VEGF i cui prodotti sono conosciuti come PIGF
(placental growth factor), VEGF-A, VEGF-B, VEGF-C, VEGF-D e VEGF-E.
Il VEGF-A e il VEGF-E (6) sono considerati potenti fattori angiogenici; in particolare il VEGF-A determina un
aumento della permeabilità vascolare e angiogenesi. Studi in vitro hanno recentemente dimostrato che le cellule
dell'EPR secernono il VEGF-A.
Il VEGF-B (7) è coinvolto nella progressione dei tumori non angiogenici; il VEGF-C e il VEGF-D sono oggetto di studio
per il loro ruolo nella angiogenesi e nella linfoangiogenesi.
Studi su colture cellulari hanno evidenziato che l'espressione del VEGF è accresciuta essenzialmente dall'ipossia e dall'ischemia. Studi in vivo e in vitro hanno dimostrato che ampie aree di ischemia retinica producono una proteina di trascrizione nota come fattore di induzione dell'ipossia (HIF-1, hypoxia inducible factor 1, sub-unità ∂ e ß) che stimola una up-regulation della secrezione del VEGF-A.
Il VEGF stimola le cellule endoteliali a degradare la loro membrana basale
e a migrare con concomitante rilascio di MMPs, di integrine ∂ e ß.
Il VEGF pertanto agisce come propulsore angiogenico naturale capace di stimolare la proliferazione e la migrazione delle
cellule endoteliali, formare tubuli endoteliali, provocare vasodilatazione, inibire l'apoptosi, mantenere uno stato
di sopravvivenza neovascolare, di dare neuroprotezione.
Il VEGF umano ha una forte affinità di legame con 3 classi di recettori della famiglia delle tirosin-kinasi
identificati sulle membrane delle cellule endoteliali, il cui legame condiziona la cascata pro-angiogenica:
- VEGFR-1 (Flt-1 o fms-like tyrosine kinase), recettore espresso sui periciti e
sulle fibrocelulle muscolari lisce endoteliali
- VEGFR-2 (Flk-1/KDR o fetal liver kinase), recettore identificato sulle cellule
endoteliali, tumorali e sui monociti;
- VEGFR-3 (fms-like tyrosine kinase 4 o Flt-4): è espresso principalmente
sull'endotelio venoso ed è comunque coinvolto, anche se in misura minore,
nell'angiogenesi.
I recettori VEGFRs sono simili dal punto di vista strutturale e sono distribuiti nella vascolarizzazione retinica, negli elementi neuronali e nell' endotelio della coriocapillare a contatto con l'epitelio pigmentato (10).
L'interazione del VEGF-A con il VEGFR-2 o Flk-2 è fondamentale per mediare l'azione angiogenica ed è seguita da proliferazione delle cellule endoteliali, mentre nessun effetto mitogeno scaturisce dal linkage del VEGF con Flt-1 che invece sembra determinare una migrazione di periciti e fibrocellule muscolari lisce necessari per l'assemblaggio e la maturazione di un neovaso stabile.
Gli studi compiuti nell'ultimo decennio hanno portato ad una migliore comprensione del ruolo fondamentale che ha il
VEGF-A nello sviluppo dell'angiogenesi patologica associata con alcune malattie retiniche caratterizzate da
neovascolarizzazione intraoculare e nella patogenesi dell'iperpermeabilità endoteliale associata con l'accumulo di
fluido intra e sottoretinico tipico delle malattie vascolari retiniche caratterizzate da edema ed essudazione che spesso
interessano la regione maculare e comportano una riduzione globale delle funzioni visive centrali. Le retinopatie
ischemiche e quelle essudative generalmente condividono diversi patterns clinici ed angiografici come essudati,
rarefazione della rete capillare retinica tipica delle aree ischemiche di non perfusione, dilatazioni
microaneurismatiche, teleangiectasie microvascolari, neovascolarizzazione retinica e/o del disco ottico, emorragie
retiniche e/o endovitreali, vasi retinici iperpermeabili con essudazione e precipitati lipidici intraretinici,
neovascolarizzazione del segmento anteriore.
Tuttavia, è anche vero che ci sono alcuni effetti del VEGF ancora poco conosciuti e correlati all'attività non vascolare
di questa molecola come per esempio le interazioni biologiche cellulari a livello dei neuroni retinici e delle connessioni
sinaptiche inter-fotorecettoriali che sono tutt'oggi oggetto di studio nell'ambito di programmi di ricerca clinica
applicata alla biologia molecolare di laboratorio.
La risposta pro-infiammatoria indotta dalla crescita neovascolare comporta anche la migrazione chemiotattica di
macrofagi che secernono il Tumor Necrosis Factor alpha (TNF-∂), una citochina che in vivo induce
l'angiogenesi attraverso un aumento dei recettori del VEGF (VEGFR-2) sulla membrana endoteliale che rende la cellula
ancora più sensibile all'azione del VEGF-A; inoltre è un potente attivatore della produzione di PDGF e di FGF.
I macrofagi hanno un ruolo importante nella modulazione dell'angiogenesi in fase regressiva dove attraverso
l'attivazione di fibroblasti che sintetizzano collagene e la loro differenziazione in miofibroblasti (TGF ß, PDFG,), e
la secrezione di inibitori delle MMP tessutali possono bloccare la formazione dei neovasi portandoli allo stadio
inattivo con diversa matrice fibrotica e citochine sono i direttori d'orchestra del processo di riparazione. Quello che
succede nella retina maculare in corso di un stimolo angiogenico che porta alla neovascolarizzazione coroideale o
retinica evolve verso una risposta di riparazione tessutale che produce generalmente una cicatrice fibrotica
intraretinica che in relazione all'intensità dei fenomeni di rigenerazione fibrosa può compromettere le funzioni
visive centrali dell'area maculare.
In definitiva la conoscenza sulla formazione dei neovasi e le relazioni intercorrenti tra il processo angiogenico e gli
altri caratterizzanti la risposta della retina maculare al danno tessutale costituiranno le basi razionali per
disegnare i nuovi approcci al trattamento farmacologico anti-angiogenico della neovascolarizzazione intraoculare.
- Folkman J. Curr Mol Med. 2003;3(7):643-51.
- Flamme I. J Cell. Physiol. 1997;173:206-210.
- D'Amore P. Inv Ophthalmol Vis Sci. 1994;35:3974-3979.
- Casey R. Am J Ophthalmol. 1997;124:521-529.
- Michaelson IC. Trans Ophthalmol Soc UK. 1948;68:137-180.
- Chader GJ. Proc Natl Acad Sci USA. 2001;98:2122-2124.
- Talks KL., Herris AL., 2000;109:477-489.
- Meyer M. EMBO J. 1999;18:363-374.
- Olofsson B Proc Natl Acad Sci USA.1996;93:2676:2581.
- Mazure NM. Blood 1997;90:3322-3331.
- Blaauwgeers HG. Am J Pathol. 1999;155:421-428.
- Falcone D. J Cell Physiol. 155:595-605, 1993.
- Ferrara N. Endocr Rev. 2004;25:581-611.
- Hayes A.J Microvasc Res. 1999;58:224-237.
- Aiello L.P. Curr Opin Ophthalmol.1997;8:19-31.